lunedì 28 marzo 2016

Del Dire e del Dare

Nei quadri di Antonio Ligabue c’è qualcosa che se ne frega della pelle, ti afferra lo stomaco e se lo stringe tra le mani.
E’ furore. Negli occhi e nei colori. Senza scomodare il fauvismo.
Lo vedi soprattutto nei suoi animali.
La povertà e il fango delle rive del Po. Una terra dove la gente ancora distribuisce legnate come il 3x2 pentole antiaderenti al Conad. Mi viene in mente lo sceneggiato della Rai, che si apre con lui che vogliono metterlo in un ospizio, e Ligabue che se ne va, perché non è mica vecchio, lui.
-Diventerai vecchio anche te!
-Neeeein.
Poi arrivano una scena di caccia, una di pesca.
Ecco, ci siamo.
Gli animali e la morte. La lotta per la sopravvienza.
Il furore perché la vita raramente è giusta. Per la fame, per il freddo. 
I matti mica si rassegnano, sennò sarebbero persone normali.
Mi raccontava una mia insegnante che sua nonna aveva spesso dato un piatto di minestra ad Antonio, che non avendo denaro pagava con i suoi quadri. E lei li rifiutava sempre, perché sapeva che se si fosse privato anche di quelli, Ligabue non avrebbe avuto nulla da offrire in cambio a tutti quegli altri che sanno fare bene i conti tra il dire e il dare.
A pochi metri dalla mia casa mantovana, c’è questa cascina qua. Nel mezzo della golena, vicino al “bugno” circondato dai pioppi.
Ieri sono andata a farci un giro. Non ci arrivi tanto più giù da questo punto, perché le “rase” si sono prese la strada e si stanno appropriando piano piano anche della casa. Si mangiano via tutto, dai portoni di legno alle colonne di marmo del portico, agli scuri sulla facciata.
Quando ero piccola, nel 1977, qua ci hanno girato alcune scene di “Ligabue”. Ricordo vagamente di esserci stata con mia madre e mia sorella. Sull’argine, a rigorosa distanza per non disturbare. Proprio in quel punto dello spazio e del tempo quando Sabbioni aveva due stalle, tre bar, tre negozi di alimentari e perfino il benzinaio. In quel periodo della storia in cui tutto era chiaro e senza sbavature.
Ligabue c’era di casa qui. Nello sceneggiato RAI del 1977, forse anche nella vita.
Ieri c’era di sicuro. Perché aveva ragione: lui, vecchio, non ci è mica diventato.
Lui è diventato immortale. 


Magna Carta Cartel: This Time