mercoledì 3 agosto 2016

In Riva al Fiume

«Fra l'una e le tre dei pomeriggi d'agosto, il caldo, nei paesi affogati dentro la melica e la canapa, è una roba che si vede e si tocca. Quasi uno avesse davanti alla faccia, a una spanna dal naso, un gran velo ondeggiante di vetro bollente.
Passi un ponte e guardi giù, dentro il canale, e il fondo è secco e tutto screpolato e qua e là si vede un pesce morto. Quando dalla strada sull'argine guardi dentro un cimitero ti pare di sentir crepitare sotto il sol battente gli ossi dei morti.
Sulla provinciale naviga lentamente qualche biroccio a ruota alta pieno di sabbia e il carrettiere dorme bocconi in cima al carico, con la pancia al fresco e la schiena rovente, o, seduto sulla stanga, pesca con una roncoletta dentro una mezza anguria che tiene in grembo come una catinella.
Poi arrivati all'argine grande ecco il fiume vasto, deserto, immobile e silenzioso, e più che un fiume pare il cimitero delle acque morte.
Don Camillo camminava verso l'argine grande, con un gran fazzoletto bianco tra il cranio e il cappello, ed era l'una e mezzo di un pomeriggio d'agosto e a guardarlo così solo in mezzo alla strada bianca, sotto il sole, non si poteva immaginare niente di più nero e di più prete.»

Giovannino Guareschi: "Mondo piccolo. Don Camillo", "In riva al fiume"